Abitare la Vicinanza


2008
40 oli su tela 40 per 40 cm,
più una 120 per 120 cm.

Abitare il proprio spazio in modo “ diverso “, abitare il quotidiano esaminando e occupando differenti spazi domestici; uno spazio non piu’ solo fisico, ma anche mentale. Come puo’ fare un animale in un nuovo ambiente, lo occupa, lo indaga , lo esplora attraverso tutti i sensi, quindi se ne appropria, lo abita e lo elegge a dimora.

La macchina fotografica è il mezzo di partenza, attraverso il quale mi riprendo utilizzando l’autoscatto; concept di base per ottenere un punto di vista oggettivo che escluda qualsiasi soggettività dello sguardo, come se la casa stessa ne fosse l’artefice.

Ecco dunque delle immagini parziali, dei frammenti di corpo sconnessi, delle simmetrie interrotte, delle intrusioni spaziali improbabili quanto reali. Così allo stesso modo escludo i tratti somatici del mio volto per allontanare ogni traccia di espressività. Solamente il corpo agisce, si muove, si estende e si racchiude per esplorare una dimensione performativa ell'”Abitare la vicinanza” e distendersi attraverso l’inesausta e continua reinvenzione della pittura.

Giuseppe Fabris

Nelle ultime ricerche pittoriche, ma non solo, di Giuseppe Fabris si evidenzia una marcata attenzione nei confronti della propria identità fisica e psicologica, in rapporto con le forme di una alterità ambientale e relazionale in divenire. Dove la soggettività assume i contorni e le prospettive di un’esperienza conoscitiva che avanza per gradi, sia nei confronti di un “io” privato e al contempo “pubblico”, aperto allo scambio e al dono, sia in quella apparentemente chiusa e riservata che ridisegna i “confini” di un voyage autour de sa chambre.

Come è il caso di questa nuova e inedita serie di tele che induce il corpo ad abitare forzatamente una vicinanza e a tentare una mimesi per contatto e per intrusione nell’ ambiente più noto e vissuto che corrisponde alla propria casa-studio.

Una presa di possesso rischiosa e quasi felina, animalesca, come se la contiguità del quotidiano potesse essere misurata nei termini di un punto di vista mobile e intrusivo. Dove lo sguardo non coglie, se non di riflesso e attraverso il dispotivo neutro e fotografico dell’autoscatto, una porzione di ambiente o un frammento di spazio misconosciuto e occultato dall’abitudine.

Per scoprire attraverso una modalità di atti performativi il senso di uno svelamento di campi e di territori abitati che riaffiorano solamente attraverso il disegno e la pittura come continuazione del corpo.

Roberto Daolio
Ottobre 2008
Assessorati Cultura e Turismo, Comune di Alassio, Italia